Lettera aperta alla dottoressa Caterina Chinnici “Non tradisca la memoria, rinunci alla candidatura“

Sono le del 29 luglio 1983 quando in via Federico Pipitone, a Palermo, una Fiat 126 imbottita di tritolo viene fatta saltare in aria dalla cupola di Cosa Nostra. Vengono uccisi così il giudice Rocco Chinnici, i due carabinieri della scorta Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile dove viveva il giudice, Stefano Li Sacchi. Fu gravemente ferito l’autista giudiziario Giovanni Paparcuri. Dopo la deflagrazione, sull’asfalto bollente non rimanevano che le carcasse dell’auto in fiamme sulla quale viaggiava il capo dell’Ufficio istruzione del tribunale di Palermo e la sua scorta, i loro corpi, le lamiere, i vetri rotti. E poi le sirene, le grida disperate della famiglia accorsa dal civico 59. Uno scenario da guerra. Quel giorno è rimasto impresso nella storia della città. Non a caso l’indomani i giornali paragonarono Palermo a Beirut, dove al tempo era in corso una feroce guerra civile. A quarantuno anni di distanza da questi fatti, in una Palermo invas
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