ATTACCO ALLA GRECIA: OTTOBRE 1940. IL «CASUS BELLI» DI MUSSOLINI

Ottobre 1940 l’Italia di Mussolini invade la Grecia. Questa aggressione si inquadra nell’ottica della cosiddetta «guerra parallela», un conflitto che – nei disegni del Duce – dovrebbe essere fatto di vittorie agevoli, ottenute rapidamente ai danni di avversari facili. Tutto ciò deve servire al duce per potersi sedere da protagonista, al fianco di Hitler, quando - dopo il conflitto - arriverà il momento di spartirsi il bottino. Niente di più lontano dalla realtà. La «guerra parallela» si rivelerà un disastro, trasformando il Duce in semplice vassallo di Hitler e l’Italia in paese satellite del Reich. L’aspetto surreale della vicenda sta nel fatto che in Grecia, il generale Metaxas - che è al potere, - ha instaurato un regime di destra che imita in tutto, nei modi e nelle forme, quello fascista di Mussolini. La campagna di Grecia mette impietosamente in luce quanto sia limitato il nostro potenziale e quanto approssimative siano le capacità di chi guida la macchina militare italiana. L’esercito greco non solo blocca la nostra invasione ma muove al contrattacco ed arriva ad un passo dal ributtarci in mare prima che l’intervento di Hitler giunga a togliere le castagne dal fuoco. E pensare che Mussolini, al momento di iniziare le operazioni aveva detto: «Do le dimissioni da italiano se qualcuno trova delle difficoltà per battersi coi greci». Nella storia dell’attacco alla Grecia c’è anche un episodio increscioso che va ricordato e che risale ai mesi precedenti l’invasione quando il regime di Mussolini tentavo di provocare in ogni modo il governo di Atene. Stiamo parlando dell’affondamento, compiuto a tradimento dell’incrociatore Helli che si trovava in porto presso l’isola di Timos, il 15 agosto 1940, giorno della festa dell’Assunta. La ricorrenza veniva celebrata dagli abitanti con una processione che traversava le vie del paese. All’ancora nel porto dell’isola per partecipare alla cerimonia, si trova il vecchio incrociatore della marina greca Helli, tutto pavesato a festa. Poco prima che il corteo si muova un sommergibile italiano in immersione di fronte al porto lancia tre siluri contro nave militare. Una delle tre torpedini la colpisce affondandola e causando la morte di due membri dell’equipaggio oltre a numerosi feriti. Solo per un caso gli altri due siluri non provocano una strage fra la folla di civili che assiepava la banchina del porto. In Italia le autorità fasciste si affrettano a negare ogni coinvolgimento nell’accaduto accusando del fatto gli inglesi. I greci naturalmente non credono a una parola di quanto sostenuto dagli italiani. Anche Londra smentisce subito le assurde affermazioni di Roma e del resto nessuno sa indicare un valido motivo per il quale gli inglesi, tradizionali amici dei greci, dovrebbero affondare una loro nave a tradimento. Assodato che i britannici sono estranei alla vicenda resta da chiedersi di chi sia stata la brillante idea di ordinare il siluramento dell’Helli. In Italia nessuno sembra ansioso di rivendicare il «merito» di questa «impresa.» Galeazzo scrive, sul suo diario: «Per me c’è sotto l’intemperanza di De Vecchi.» Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, quadrunviro del fascismo, che lo stesso Ciano ha già definito in altre pagine del suo diario «un intrepido buffone», riveste a quell’epoca la carica di governatore dell’Egeo. In quelle isole egli deteneva tutto il potere civile e militare. Il sommergibile responsabile dell’affondamento dell’Helli, il Delfino, salpato da Leros agli ordini del tenente di vascello Giuseppe Aicardi, dipende formalmente proprio da lui. Nelle sue memorie De Vecchi cerca dapprima di scaricare le responsabilità dell’accaduto sul comandante, a suo dire, avrebbe agito di propria iniziativa. Ma Aicardi non patisce per il suo gesto alcuna conseguenza disciplinare segno che ha agito in base a ordini superiori, provenienti con ogni probabilità dallo stesso De Vecchi. Alla fine quest’ultimo sceglie genericamente di incolpare dell’accaduto lo Stato Maggiore. Giorgio Rochat scrive che L’Ammiraglio Domenico Cavagnari, all’epoca sottosegretario di stato alla marina e membro del governo aveva in realtà ordinato il siluramento clandestino di navi neutrali con carichi inglesi. Poi De Vecchi, governatore dell’Egeo, aveva ampliato le direttive e indicato l’obiettivo di Tinos, infine il comandante del sommergibile aveva scelto come bersaglio l’incrociatore greco in un porto pieno di imbarcazioni e di civili in festa. Un bell’esempio di inefficienza tecnica e di criminale faciloneria.»
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