Noi chiamiamo Tartaria una civiltà precedente. E’ probabile che sia corretto, perché nelle carte geografiche della metà del 700 compare un vasto impero con questo nome, con territori in ogni parte del mondo. Poi il nome viene cancellato dalle mappe e Tartaria viene volutamente confusa con Tataria o Tatarstan. E si stabilisce l’esistenza di un pericolo mongolo-tataro che forse non c’era, costituito da popoli minori che vivevano nelle steppe dell’Asia centrale o in Crimea. Ma non sono la stessa cosa. Chi erano dunque i costruttori delle opere e dei monumenti, sparsi in tutto il mondo? Erano i discendenti di quella Tartaria che vediamo raffigurata nelle carte del 700 e poi cancellata o qualcosa di diverso? I ricercatori russi sono convinti che si tratti dei loro antenati, e che Tartaria fosse la civiltà slava che governava il mondo prima del tradimento degli zar, i quali, alleandosi con le potenze occidentali, si sono impadroniti dell’eredità culturale e tecnologica dei loro progenitori. Una popolazione ancora vitale ma che fu distrutta con una lunga guerra. Una guerra conclusa con la conquista di Magdala in Etiopia da parte degli inglesi, con la morte di Teodoro II, discendente di Presbyter John (Ivan il Grande) e la conquista di Samarcanda da parte dei russi del generale von Kaufman, nel 1868. Difficile dire, quando la storia viene riscritta. Oppure i costruttori di quelle opere, templi, cattedrali, acquedotti, archi erano i discendenti degli slavi ariani vissuti prima, che a loro volta discendevano dagli iperborei o dagli sfuggiti allo sprofondamento di Atlandide-Agarta, che avevano acquisito un diverso nome? Non lo sappiamo. Lo sanno, forse, i possessori di 30 km di biblioteche nascoste ma non si sa di preciso, come non si sa contro chi abbiano veramente combattuto gli americani per prendere possesso di un territorio su cui si trovavano già cattedrali e palazzi, cupole e colonnati. A parlare di questo passato evanescente ci sono solo le opere, quelle non distrutte, tutte quelle costruzioni con le stesse caratteristiche che si trovano sulla Terra intera. Opere imponenti, che sfidano il tempo, ricercate, festose, piene di vibrazioni energetiche, e persino inossidabili, per quanto riguarda le strutture in ferro. Uno stile definito di volta in volta classico, neoclassico, neogotico, palladiano, barocco, rococò, vittoriano, coloniale, indo-saraceno. E dispiace non conoscere chi fossero gli architetti, o se fossero solo programmatori di fresatrici giganti o assemblatori di strutture prefabbricate, e se c’era un imperatore o un consiglio supremo, oppure solo un amministratore delle risorse. E se c’era ancora uno stato o erano evoluti al punto da non dare più nomi alla forma di governo. Era comunque una civiltà che costruiva palazzi ricercati e chiese piene di misticismo, canali e ponti, viadotti e ferrovie, metropolitane e tram. Nella sola India ci sono ponti con ferrovia risalenti a 140 anni fa. Nella sola India ci sono ponti. E’ naturale che dopo la caduta, queste conquiste imbarazzassero i vincitori. Molte cose dovevano sparire perché troppo ingombranti, difficili da spiegare. Evidenziavano un modo di vivere altamente sviluppato dove si supponeva che ci fossero sono savane e praterie. Quindi bisognava instaurare un nuovo ordine, una visione incentrata su nomi come Rinascimento,Illuminismo, insomma un completo rifacimento della realtà. Ma è evidente che quelle costruzioni non potevano essere il risultato di persone primitive che partivano da zero. Naturalmente, c’è anche la possibilità che sia stato un immane disastro naturale ad accelerare la caduta, a depauperare interi territori e causare la sparizione di intere popolazioni. A confermarlo ci sono i resti delle città sprofondate lungo le coste e il ritrovamento di fossili marini nei luoghi più disparati. In conclusione, non sapremo mai la verità. Possiamo solo sottolineare qualche contraddizione.
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