“Bella Ciao“ come non l’avete mai sentita... #bellaciao

Con il tempo ha travalicato anche i confini più ristretti della storia e della cultura italiana. L’hanno intonata in Grecia durante i giorni inquieti della crisi finanziaria, in Medio Oriente e, in questa versione, anche in lingua araba. Qualcuno propose persino di adattarla ad inno nazionale. Oggi in Italia chi la intona rischia di essere schernito. E pensare che “Bella ciao“ resta un canto popolare italiano, nato prima della Liberazione, diventato poi celeberrimo dopo la Resistenza perché fu idealmente associato al movimento partigiano italiano. Nonostante sia un canto popolare italiano, legato a vicende nazionali, è tuttora noto in molte parti d’Europa come canto di ribellione contro il nazi-fascismo. Una canzone di lotta cantata - come riporta Wikipedia - dai simpatizzanti del movimento partigiano italiano durante e dopo la seconda guerra mondiale, che combattevano contro le truppe fasciste e naziste. Dopo la Liberazione la versione partigiana di Bella ciao venne poi cantata e tradotta e diffusa in tutto il mondo grazie alle numerose delegazioni partecipanti al Primo festival mondiale della gioventù democratica che si tenne a Praga nell’estate 1947, dove andarono giovani partigiani emiliani che parteciparono alla rassegna canora “Canzoni Mondiali per la Gioventù e per la Pace”, dove inventarono il tipico ritmico battimano. Anche gli storici della canzone italiana Antonio Virgilio Savona e Michele Straniero hanno affermato che Bella Ciao fu poco cantata durante la guerra partigiana, e venne diffusa nell’immediato dopoguerra. E ancora oggi è cantata in tutto il mondo. La musica, di autore sconosciuto, è stata fatta risalire, in anni passati, a diverse melodie popolari. Si è ipotizzato il legame con un canto delle mondine padane. Si è trattato, tuttavia, di un errore, come definitivamente dimostrato da Cesare Bermani: la Bella ciao delle mondine era stata composta dopo la guerra dal mondino Vasco Scansani di Gualtieri; invece la Bella ciao partigiana riprendeva nella parte testuale la struttura del canto Fior di tomba, mentre sia musicalmente che nella struttura dell’iterazione (il “ciao“ ripetuto) derivava da un canto infantile diffuso in tutto il nord, La me nòna l’è vecchierella (già rilevato da Roberto Leydi). Un’altra possibile influenza può essere stata quella di una ballata francese del Cinquecento, che seppur mutata leggermente ad ogni passaggio geografico, sarebbe stata assorbita dapprima nella tradizione piemontese con il titolo di La daré d’côla môntagna, poi in quella trentina con il titolo di Il fiore di Teresina, poi in quella veneta con il titolo Stamattina mi sono alzata, successivamente nei canti delle mondariso e infine in quelli dei partigiani
Back to Top